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SCISMATICO PER VOCAZIONE. Nelle mie note di regia su "SADE : opus contra naturam", riferendomi al mio lustro di produzioni sull’opera del Divino Marchese, asserivo di avere affrontato Sade sadianamente, vale a dire disponendomi a una lettura, a una dedizione, a un coinvolgimento eccessivi come il carattere eccessivo della sua scrittura esigeva, e che questo era stato possibile a condizione di restare “fuori dal teatro”, connesso alla natura, al ritmo del mio procedere in Sade — e di Sade in me — dissociato per principio dagli spazi, dai tempi, dai modi di produzione e distribuzione del teatro in Italia. Quanto detto emblematicamente sul mio ciclo di opere sadiane valeva, e vale ancora, per le opere che lo hanno preceduto e seguito. OUTSIDER PER PASSIONE. Il mio teatro esiste finché io mi ostino a farlo esistere, inventandomi di volta in volta i modi di produrlo al di fuori e delle regole e dei tempi e degli spazi (a vario titolo istituzionali), esclusivamente alimentato dalla mia passione di utopie estetiche: le sole dimensioni di utopia — di non distopico futuro — in cui io mi riconosca. Questo mio essere fuori dal teatro non mi ha impedito di presentare i miei lavori a Parigi o a Dublino, a New York, a Melbourne o a Sidney, al Cairo o a Praga, ma mi ha escluso, nondimeno, dal sistema, o dalla famiglia del teatro italiano. Una solitudine, una necessità, la mia, in cui ritrovo, intatta, la mia singolare libertà. POETICO PER INCLINAZIONE. Il mio è un teatro non tematico, non narrativo, a rigore neanche drammaturgico, ma essenzialmente poetico. Sulla mia scena, le dimensioni testuali, musicali, plastiche e visive si integrano come voci di un unico tessuto compositivo. Una poiesis alla cui complessità lavoro in prima persona, curando ogni aspetto, come un video-maker, un musicista, uno scrittore, un regista, un autore o, semplicemente: un artista. «...CI VUOLE UNA
CERTA RAFFINATEZZA, UN'INFINITA RAFFINATEZZA, ED UN'ORRIBILE
TENACIA »
(Louis-Ferdinand Céline) |
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