ENRICO FRATTAROLI
INDICE
OPERE PLASTICHE E VISIVE

ARTE VISIVA
. GEOGLIFI
  
. LIBRI GUALCITI  
  
. PERTURBAZIONI

         
. INSTALLAZIONI
  
. VIDEO

 

. KINTSUGI

UN MIO "VIOLON D'INGRES"?

L’espressione francese “avoir un violon d’Ingres” risale alla passione di Ingres per la musica, una passione parallela, ma, per l’artista, non subordinata a quella per la pittura. L'espressione definisce così
come ha scritto Chiara Parisi nella presentazione della mostra Le violon d'Ingres (Villa Medici, Roma 2018 ) «quelle passioni meno visibili pubblicamente; talvolta ossessioni, che oggi come in passato si affiancano alle pratiche ‘ufficiali’ … intrecciandosi ad esse, accompagnandole, ‘deviandole’ e rendendone più denso il pensiero artistico».
  
Potrei definire la mia creazione di opere visive un violon d'Ingres, una passione parallela, talvolta privata (donazioni amicali), altre volte pubblica (mostre personali o collettive), che scorre, da prima e da sempre, all’ombra di quella ‘ufficiale’ delle mie opere teatrali. Sotto alcuni aspetti sì, senz'altro, sotto altri no.

Che vivano di vita autonoma o si inscrivano nello spazio scenico in forma di immagine, di scenografia o di video, le mie opere visive intrattengono con quelle teatrali un dialogo interno, intimo, fatto di risonzanze, di condivisioni, quando non di prestiti.
Una grande "perturbazione" di carta bianca diventò, in ALP & Bloom, il fondale teatrale di proiezione per pagine manoscritte di Joyce; sette libri gualciti disposti su leggii orchestrali hanno recentemente abitato lo spazio scenografico di Agamemnon.

Per un altro verso, le mie elaborazioni musicali, che nascono essenzialmente in nuce alle mie opere teatrali, sono diventate talvolta parte di installazioni visive, come Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra nei bastioni di Padova o Nox noctis a Porta San Paolo a Roma; in altri casi,
hanno assorbito tutta la dimensione teatrale in una totalmente acustica, come nelle opere realizzate per la radio o nelle versioni radiofoniche delle opere teatrali.
   
Al di là dello strano attrattore che l'opera visiva o l'opera acustica possono diventare in certe occorrenze, il teatro resta per me il luogo creativo privilegiato in cui le diverse dimensioni estetiche del mio lavoro musicali, poetiche, sceniche, visive vengono a convergere e a confluire, mentre il paradigma della scrittura musicale mi fornisce il sistema (la partitura) in cui non giustapporle, non sommarle, ma metterle "in contrappunto", in relazione armonica fra di esse.