Enrico Frattaroli
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ARTISTA INDIPENDENTE
Enrico Frattaroli
  
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SCISMATICO PER INCLINAZIONE. Nelle mie note di regia su "SADE : opus contra naturam", riferendomi al mio lustro di produzioni sull’opera del Divino Marchese, asserivo di avere affrontato Sade sadianamente, vale a dire disponendomi a una lettura, a una dedizione, a un coinvolgimento eccessivi come il carattere eccessivo della sua scrittura esigeva, e che questo era stato possibile solo a condizione di restare “fuori dal teatro”, connesso alla natura, al ritmo del mio procedere in Sade — e di Sade in me — dissociato per principio dagli spazi, dai tempi, dai modi di produzione e distribuzione del teatro in Italia. Quanto detto emblematicamente sul mio ciclo di opere sadiane valeva, e vale ancora, per le opere che lo hanno preceduto e seguito.
  
OUTSIDER PER PASSIONE. Il mio teatro esiste finché io mi ostino a farlo esistere, inventandomi di volta in volta i modi di produrlo al di fuori e delle regole e dei tempi e degli spazi (a vario titolo istituzionali), esclusivamente alimentato dalla mia passione di utopie estetiche: le sole dimensioni di utopia — di non distopico futuro — in cui io mi riconosca. Questo mio essere fuori dal teatro non mi ha impedito di presentare i miei lavori a Parigi o a Dublino, a New York, a Melbourne o a Sidney, al Cairo o a Praga, ma mi ha escluso, nondimeno, dal sistema, o dalla famiglia del teatro italiano. Una solitudine, una necessità, la mia, in cui ritrovo, intatta, la mia singolare libertà.
 
POETICO PER VOCAZIONE. Il mio è un teatro non tematico, non narrativo, a rigore neanche drammaturgico, ma essenzialmente poetico. Un teatro la cui scrittura si offre come partitura organica di testo, musica, immagine, spazio. Una poiesis alla cui complessità lavoro in prima persona, curando ogni aspetto, come un video-maker, un musicista, uno scrittore, un regista, in breve: come un autore o, semplicemente, un artista. Sulla scena, le dimensioni testuali, musicali, spaziali e visive si integrano come fili di un unico tessuto compositivo. Il teatro vi appare come una delle dimensioni poetiche e insieme come la pagina, lo spazio in cui tutte si inscrivono e si muovono: una sorta di ipersfera, che il teatro racchiude e da cui, al tempo stesso, è racchiuso: “parendo inchiuso da quel ch’elli ‘nchiude”.

   
«...CI VUOLE UNA CERTA RAFFINATEZZA, UN'INFINITA RAFFINATEZZA, ED UN'ORRIBILE TENACIA »
(Louis-Ferdinand Céline)

   
copyright 1999-2024 - ENRICO FRATTAROL I — ULTIMO AGGIORNAMENTO : 10 APRILE 2024